Ocean Space, Lucrezia Ceselin.

5 MINUTI DI LETTURA

Insegnamenti dall'Oceano

Ocean Space, Venezia

Aprile 05 – Novembre 02, 2025

Ocean Space, Lucrezia Ceselin.

Ocean Space, Lucrezia Ceselin.

Ocean Space, Lucrezia Ceselin.

Ocean Space, Lucrezia Ceselin.

Tentare di raccontare in maniera lineare ciò che rappresenta l’esposizione recentemente inaugurata da Ocean Space si rivela un compito arduo e, forse, persino privo di senso. Scelgo quindi di abbandonare la strada della consequenzialità logica per abbracciarne un’altra, fatta di sensazioni e accenni, più affine alla stessa pratica curatoriale che ha dato origine alla mostra.

Quest’anno TBA21-Academy riapre le porte di Ocean Space invitandoci a “otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua” [altre montagne, dissolte sotto l’acqua], un’esposizione dedicata ai Caraibi curata da Yina Jiménez Suriel che conclude il quarto ciclo di The Current, un programma di borse di ricerca curatoriali. Attraverso questo progetto di ricerca, la curatrice esplora l’eredità dei Cimarroni nei Caraibi, popoli indigeni e africani che si liberarono dalla schiavitù coloniale nelle Americhe, e le loro praticheì emancipatorie. Il loro lascito culturale permea profondamente la regione caraibica, diventando una lente necessaria per indagarne territorio, storia e ecologia.

Fuggendo, liberandosi e scrivendo una storia alternativa a quella precedentemente tracciata, questi popoli ruppero il rapporto binario schiavo/padrone, indicando vie nuove, non lineari, non duali, per leggere la realtà; strade che si allontanano dalla rigidità dell’esperienza sulla terraferma. Come esseri umani, viviamo ancorati alla terra e secondo le sue leggi siche plasmiamo la nostra percezione. Il nostro dialogo con lo spazio segue principalmente direttrici orizzontali, più raramente verticali. La forza di gravità ci trattiene al suolo, impedendoci di ibrarci nello spazio. E quindi è come se, obbligati a movimenti lineari e orizzontali con il nostro corpo, avessimo sviluppato una similare modalità di ragionare e costruire relazioni.

Tessa Mars, "A call to the ocean" (2025), Lucrezia Ceselin.

Tessa Mars, "A call to the ocean" (2025), Lucrezia Ceselin.

La mostra ci invita a guardare la realtà da una prospettiva oceanica, spingendoci a ragionare come il mare, fluttuando, immergendoci e muovendoci in maniera libera nello spazio, esplorando la nostra relazione con esso, a partire dal corpo.

Durante l’esplorazione degli spazi e delle istallazioni ospitate, ci troviamo immersi in luoghi e prospettive che non siamo abituati a percepire, dapprima all’interno di relitti sommersi nell’opera di Nadia Huggins, abitata da creature, coralli, alghe ed esseri umani che si fondono tra loro; e poi nell’istallazione pittorica di Tessa Mars, dove veniamo abbracciati da montagne dipinte, popolate da volti e spiriti di epoche lontane.

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

 

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

 

Ancora una volta, raccontare operazioni culturali dei dintorni ci sollecita a esplorare esperienze che vanno al di là delle zone limitrofe, e che ci spingono lontano; questa volta, il viaggio ci porta oltre oceano, sottolineando la necessità di una connessione globale.

Pensare come l’oceano ci permette di abbattere barriere mentali e siche, di lasciarci trasportare dalle correnti, facendone parte. È proprio questa la natura della relazione tra Venezia, attraverso Ocean Space, e i Caraibi: una connessione che mette in luce le somiglianze tra i due luoghi e che, come le opere delle artiste esposte ci ricordano, ci colloca in un ecosistema comune, fatto di animali, piante, elementi inanimati e presenze invisibili.

A partire dall’esperienza della mostra, Venezia e la laguna ospiteranno un calendario di iniziative promosse da Ocean Space, tra cui la creazione di orti urbani mobili in spazi pubblici tra Sant’Elena e Castello, nell’ambito del programma di ricerca Tavole Conviviali.

Avrà anche luogo il ciclo di laboratori “Pensare come l’Oceano” in cui, sia famiglie che adulti, saranno guidati all’esplorazione delle opere attraverso la scoperta e conoscenza delle molteplici interazioni dei corpi d’acqua.

Pensare come l’oceano diventa una pratica preziosa anche in contesti lagunari, aiutandoci a riscoprire una relazione con il mare aperto andata dimenticata, vivendo la realtà insulare in maniera nuova, integrando acqua e terra.

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Elisa Gyssels

✑ ELISA GYSSELS

Elisa dopo il diploma artistico in Arti Figurative, consegue la laurea triennale in Digital and Graphic Design nel 2025. Oltre alla gestione di Dintorni, svolge la professione di grafica, integrando ad essa pratiche curatoriali, artistiche ed editoriali.

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Una piattaforma collaborativa per l’immaginazione e l’azione oceanica, istituita e guidata da TBA21–Academy.

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Tentare di raccontare in maniera lineare ciò che rappresenta l’esposizione recentemente inaugurata da Ocean Space si rivela un compito arduo e, forse, persino privo di senso. Scelgo quindi di abbandonare la strada della consequenzialità logica per abbracciarne un’altra, fatta di sensazioni e accenni, più affine alla stessa pratica curatoriale che ha dato origine alla mostra.

Quest’anno TBA21-Academy riapre le porte di Ocean Space invitandoci a “otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua” [altre montagne, dissolte sotto l’acqua], un’esposizione dedicata ai Caraibi curata da Yina Jiménez Suriel che conclude il quarto ciclo di The Current, un programma di borse di ricerca curatoriali. Attraverso questo progetto di ricerca, la curatrice esplora l’eredità dei Cimarroni nei Caraibi, popoli indigeni e africani che si liberarono dalla schiavitù coloniale nelle Americhe, e le loro praticheì emancipatorie. Il loro lascito culturale permea profondamente la regione caraibica, diventando una lente necessaria per indagarne territorio, storia e ecologia.

Fuggendo, liberandosi e scrivendo una storia alternativa a quella precedentemente tracciata, questi popoli ruppero il rapporto binario schiavo/padrone, indicando vie nuove, non lineari, non duali, per leggere la realtà; strade che si allontanano dalla rigidità dell’esperienza sulla terraferma. Come esseri umani, viviamo ancorati alla terra e secondo le sue leggi siche plasmiamo la nostra percezione. Il nostro dialogo con lo spazio segue principalmente direttrici orizzontali, più raramente verticali. La forza di gravità ci trattiene al suolo, impedendoci di ibrarci nello spazio. E quindi è come se, obbligati a movimenti lineari e orizzontali con il nostro corpo, avessimo sviluppato una similare modalità di ragionare e costruire relazioni.

Tessa Mars, "A call to the ocean" (2025), Lucrezia Ceselin.

Tessa Mars, "A call to the ocean" (2025), Lucrezia Ceselin.

La mostra ci invita a guardare la realtà da una prospettiva oceanica, spingendoci a ragionare come il mare, fluttuando, immergendoci e muovendoci in maniera libera nello spazio, esplorando la nostra relazione con esso, a partire dal corpo.

Durante l’esplorazione degli spazi e delle istallazioni ospitate, ci troviamo immersi in luoghi e prospettive che non siamo abituati a percepire, dapprima all’interno di relitti sommersi nell’opera di Nadia Huggins, abitata da creature, coralli, alghe ed esseri umani che si fondono tra loro; e poi nell’istallazione pittorica di Tessa Mars, dove veniamo abbracciati da montagne dipinte, popolate da volti e spiriti di epoche lontane.

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

 

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

Nadia Huggins, “A shipwreck is not a wreck”, (2025), Lucrezia Ceselin.

 

Ancora una volta, raccontare operazioni culturali dei dintorni ci sollecita a esplorare esperienze che vanno al di là delle zone limitrofe, e che ci spingono lontano; questa volta, il viaggio ci porta oltre oceano, sottolineando la necessità di una connessione globale.

Pensare come l’oceano ci permette di abbattere barriere mentali e siche, di lasciarci trasportare dalle correnti, facendone parte. È proprio questa la natura della relazione tra Venezia, attraverso Ocean Space, e i Caraibi: una connessione che mette in luce le somiglianze tra i due luoghi e che, come le opere delle artiste esposte ci ricordano, ci colloca in un ecosistema comune, fatto di animali, piante, elementi inanimati e presenze invisibili.

A partire dall’esperienza della mostra, Venezia e la laguna ospiteranno un calendario di iniziative promosse da Ocean Space, tra cui la creazione di orti urbani mobili in spazi pubblici tra Sant’Elena e Castello, nell’ambito del programma di ricerca Tavole Conviviali.

Avrà anche luogo il ciclo di laboratori “Pensare come l’Oceano” in cui, sia famiglie che adulti, saranno guidati all’esplorazione delle opere attraverso la scoperta e conoscenza delle molteplici interazioni dei corpi d’acqua.

Pensare come l’oceano diventa una pratica preziosa anche in contesti lagunari, aiutandoci a riscoprire una relazione con il mare aperto andata dimenticata, vivendo la realtà insulare in maniera nuova, integrando acqua e terra.

Elisa Gyssels

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Elisa dopo il diploma artistico in Arti Figurative, consegue la laurea triennale in Digital and Graphic Design nel 2025. Oltre alla gestione di Dintorni, svolge la professione di grafica, integrando ad essa pratiche curatoriali, artistiche ed editoriali.

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Quest’anno TBA21-Academy riapre le porte di Ocean Space invitandoci a “otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua” [altre montagne, dissolte sotto l’acqua], un’esposizione dedicata ai Caraibi curata da Yina Jiménez Suriel che conclude il quarto ciclo di The Current, un programma di borse di ricerca curatoriali. Attraverso questo progetto di ricerca, la curatrice esplora l’eredità dei Cimarroni nei Caraibi, popoli indigeni e africani che si liberarono dalla schiavitù coloniale nelle Americhe, e le loro praticheì emancipatorie. Il loro lascito culturale permea profondamente la regione caraibica, diventando una lente necessaria per indagarne territorio, storia e ecologia.

Fuggendo, liberandosi e scrivendo una storia alternativa a quella precedentemente tracciata, questi popoli ruppero il rapporto binario schiavo/padrone, indicando vie nuove, non lineari, non duali, per leggere la realtà; strade che si allontanano dalla rigidità dell’esperienza sulla terraferma. Come esseri umani, viviamo ancorati alla terra e secondo le sue leggi siche plasmiamo la nostra percezione. Il nostro dialogo con lo spazio segue principalmente direttrici orizzontali, più raramente verticali. La forza di gravità ci trattiene al suolo, impedendoci di ibrarci nello spazio. E quindi è come se, obbligati a movimenti lineari e orizzontali con il nostro corpo, avessimo sviluppato una similare modalità di ragionare e costruire relazioni.

Tessa Mars, "A call to the ocean" (2025), Lucrezia Ceselin.

Tessa Mars, "A call to the ocean" (2025), Lucrezia Ceselin.

La mostra ci invita a guardare la realtà da una prospettiva oceanica, spingendoci a ragionare come il mare, fluttuando, immergendoci e muovendoci in maniera libera nello spazio, esplorando la nostra relazione con esso, a partire dal corpo.

Durante l’esplorazione degli spazi e delle istallazioni ospitate, ci troviamo immersi in luoghi e prospettive che non siamo abituati a percepire, dapprima all’interno di relitti sommersi nell’opera di Nadia Huggins, abitata da creature, coralli, alghe ed esseri umani che si fondono tra loro; e poi nell’istallazione pittorica di Tessa Mars, dove veniamo abbracciati da montagne dipinte, popolate da volti e spiriti di epoche lontane.

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Ancora una volta, raccontare operazioni culturali dei dintorni ci sollecita a esplorare esperienze che vanno al di là delle zone limitrofe, e che ci spingono lontano; questa volta, il viaggio ci porta oltre oceano, sottolineando la necessità di una connessione globale.

Pensare come l’oceano ci permette di abbattere barriere mentali e siche, di lasciarci trasportare dalle correnti, facendone parte. È proprio questa la natura della relazione tra Venezia, attraverso Ocean Space, e i Caraibi: una connessione che mette in luce le somiglianze tra i due luoghi e che, come le opere delle artiste esposte ci ricordano, ci colloca in un ecosistema comune, fatto di animali, piante, elementi inanimati e presenze invisibili.

A partire dall’esperienza della mostra, Venezia e la laguna ospiteranno un calendario di iniziative promosse da Ocean Space, tra cui la creazione di orti urbani mobili in spazi pubblici tra Sant’Elena e Castello, nell’ambito del programma di ricerca Tavole Conviviali.

Avrà anche luogo il ciclo di laboratori “Pensare come l’Oceano” in cui, sia famiglie che adulti, saranno guidati all’esplorazione delle opere attraverso la scoperta e conoscenza delle molteplici interazioni dei corpi d’acqua.

Pensare come l’oceano diventa una pratica preziosa anche in contesti lagunari, aiutandoci a riscoprire una relazione con il mare aperto andata dimenticata, vivendo la realtà insulare in maniera nuova, integrando acqua e terra.

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Elisa dopo il diploma artistico in Arti Figurative, consegue la laurea triennale in Digital and Graphic Design nel 2025. Oltre alla gestione di Dintorni, svolge la professione di grafica, integrando ad essa pratiche curatoriali, artistiche ed editoriali.

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