Tentare di raccontare in maniera lineare ciò che rappresenta l’esposizione recentemente inaugurata da Ocean Space si rivela un compito arduo e, forse, persino privo di senso. Scelgo quindi di abbandonare la strada della consequenzialità logica per abbracciarne un’altra, fatta di sensazioni e accenni, più affine alla stessa pratica curatoriale che ha dato origine alla mostra.
Quest’anno TBA21-Academy riapre le porte di Ocean Space invitandoci a “otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua” [altre montagne, dissolte sotto l’acqua], un’esposizione dedicata ai Caraibi curata da Yina Jiménez Suriel che conclude il quarto ciclo di The Current, un programma di borse di ricerca curatoriali. Attraverso questo progetto di ricerca, la curatrice esplora l’eredità dei Cimarroni nei Caraibi, popoli indigeni e africani che si liberarono dalla schiavitù coloniale nelle Americhe, e le loro praticheì emancipatorie. Il loro lascito culturale permea profondamente la regione caraibica, diventando una lente necessaria per indagarne territorio, storia e ecologia.
Fuggendo, liberandosi e scrivendo una storia alternativa a quella precedentemente tracciata, questi popoli ruppero il rapporto binario schiavo/padrone, indicando vie nuove, non lineari, non duali, per leggere la realtà; strade che si allontanano dalla rigidità dell’esperienza sulla terraferma. Come esseri umani, viviamo ancorati alla terra e secondo le sue leggi siche plasmiamo la nostra percezione. Il nostro dialogo con lo spazio segue principalmente direttrici orizzontali, più raramente verticali. La forza di gravità ci trattiene al suolo, impedendoci di ibrarci nello spazio. E quindi è come se, obbligati a movimenti lineari e orizzontali con il nostro corpo, avessimo sviluppato una similare modalità di ragionare e costruire relazioni.